Caratterizzare i personaggi
Note dietro le quinte nello sviluppo dei personaggi di Yekatit 12
Uno delle sfide più importanti che sto affrontando nella creazione di Yekatit 12 riguarda la caratterizzazione dei personaggi.
“Non c'è niente di più profondo di ciò che appare in superficie.” Partendo dal noto aforisma di Hegel, caratterizzare un personaggio significa trasmettere a livello superficiale una serie di connotazioni profonde: indole, aspirazioni, conflitti interiori. Per fare questo è necessario conoscere il personaggio nel dettaglio, svilupparlo in modo stratificato. Lo scopo è portare a galla le dinamiche più intriganti, renderlo avvincente.
I manuali di sceneggiatura dicono “Show, don’t tell”, cioè usa azioni e dialoghi per esprimere le emozioni dei personaggi, invece di descriverle in modo didascalico. È una tecnica valida per qualsiasi linguaggio narrativo. Solo che rendere distintive e riconoscibili le figure statiche di piccole dimensioni dei fumetti non è affatto semplice. Nel caso della mia graphic novel le cose diventano ancora più complesse per due motivi.
Il primo è che i personaggi sono realmente esistiti, e quindi devo rappresentarli sulla base di una ricerca documentale che rispetti il più possibile la verità storica. Da questo punto di vista, ho la fortuna di contare sull’enorme lavoro di Ian Cambpell con il libro The Plot to Kill Graziani, e sulle informazioni condivise dai nipoti di Simeon Adefris, Berhaneyesus e Mombasa Souraphiel, con cui sono in contatto.
La seconda ragione è che non è facile disegnare caratteri di etnia diversa dalla propria. Si tende a prendere noi stessi come paradigma, siamo influenzati dai tratti che ci contraddistinguono (non è un caso se i personaggi di Gipi hanno tutti le orecchie grandi). Io devo uscire dalla mia zona di comfort, ed illustrare fattezze molto distanti da quelle con cui sono cresciuto.
Nell’arco di alcuni post proverò ad illustrare il lavoro in corso sui personaggi principali utilizzando delle schede descrittive. Le caratteristiche elencate possono essere sia accertate storicamente che inventate da me per scopi narrativi.
Partiamo da Simeon e Shewareged Adefris: fratello e sorella che guidano il racconto.
Simeon Adefris
Simeon è il soggetto centrale della graphic novel. Di lui esiste solo un ritratto fotografico, molto bello, che ha un ruolo decisivo nella decisione di raccontare questa storia.
Nasce nel 1913 ad Harar. Cresce in una grande famiglia, molto unita, ha 11 fratelli.
È alto 1,75 mt. circa.
Riceve la sua prima educazione alla scuola della missione cattolica romana da un insegnante di lingua francese.
Nel 1927 si trasferisce a Addis Ababa per iscriversi alla scuola secondaria della Chiesa Cattedrale. In seguito, si iscrive all’Alliance Francaise, la più importante scuola straniera in Etiopia dell’epoca.
Diventa insegnante di francese dell’Alliance Francaise.
Si appassiona di motori, frequenta un ragazzo che lavora come meccanico, passa buona parte del suo tempo libero nell’officina della capitale.
A 19 anni, avvia un servizio di taxi con l’aiuto di suo fratello, che importa per lui due automobili straniere, una Opel e una Plymouth Limousine. Ha spirito di iniziativa, porta avanti l’attività con successo. Acquisisce possibilità economiche importanti, molto superiori alla media dei suoi concittadini.
È un dandy, ama la vita agiata. È molto elegante, si veste “all’europea”, è attentissimo alla cura personale, al taglio di capelli. I ragazzi più giovani lo guardano con ammirazione: “sembra un principe, indossa vestiti che nessun altro può comprare”. È popolare, ha successo con le ragazze. Vive da solo in una casa molto bella, ha un domestico che lo aiuta.
Ha una personalità forte, può diventare aggressivo, se provocato.
È cattolico, crede fortemente nei principi cristiani di carità e solidarietà.
È una persona di grandi ideali, ha un alto senso di giustizia, empatizza con i più deboli, gli oppressi. È un patriota, detesta la dominazione italiana e i soprusi che ne derivano.
Non ha paura di morire, ma è terrorizzato dal dolore fisico.
Rispetto alla resistenza non è un uomo di azione. Vede alcuni suoi fratelli partire per combattere, ma non se la sente di imbracciare un fucile. Preferisce restare in città, valutare come contribuire sfruttando la sua posizione sociale.
Ha un approccio riflessivo, cauto, attendista.
Per quanto riguarda la rappresentazione visuale, l’idea è di mantenere un aspetto relativamente fedele a quello della foto, cercando comunque di impadronirmene, di farlo mio.
Shewareged Adefris
Shewareged è la sorella di Simeon e la voce narrante di Yekatit 12. È lei che ci guida attraverso la storia, ha un ruolo decisivo nel creare il tono di voce.
Per una serie di motivazioni, su Shewareged mi prendo alcune libertà artistiche fondendo alcuni aspetti della sua vita con quelli della sorella Assegedech. La sovrapposizione parte già dal volto del personaggio: Shewareged, di cui purtroppo non ci sono fotografie, avrà le sembianze di Assegedech.
Shewareged nasce nel 1901 ad Harar, è la primogenita della famglia.
È alta 1,65 mt.
A 18 anni si sposa con Tesfayé Tegen, un diplomatico al servizio dell’Imperatore. Va a vivere con lui ad Addis Abeba in una villa molto bella nel quartiere Piazza.
La coppia ha sei figli, tre maschi e tre femmine (tra cui Mimi e Lule).
Conduce una vita signorile. Adora i gioielli, Tesfayé gliene regala alcuni d’oro, particolarmente preziosi.
Quando Simeon si trasferisce ad Addis Abeba, lei è il suo riferimento principale. In quanto sorella maggiore, assume nei suoi confronti un ruolo materno, di responsabilità. I due fratelli sono molto legati, si frequentano assiduamente.
È una donna elegante, forte, determinata, combattiva.
Al tempo stesso, è traumatizzata dall’esperienza della guerra di invasione, tende a mantenere padronanza di sè a livello esteriore, reprimendo le sue angosce, ma interiormente è divorata dall’ansia.
Grazie al ruolo del marito, ha un punto di vista privilegiato sulla situazione politica del paese, è molto informata e consapevole delle dinamiche in corso.
Prova repulsione fisica per i fascisti, la loro volgarità, la cultura macista. Non interagisce mai con loro, li evita ad ogni costo.
È convinta che la tattica giusta per i dignitari come suo marito sia fingere sottomissione nei confronti del fascismo, piuttosto che farsi uccidere o finire in galera, per poi complottare nell’ombra e cercare di rovesciare il regime.
Nello sviluppo grafico di Shewareged sono passato attraverso svariati intoppi e fallimenti. In questi momenti di crisi, una tecnica piuttosto comune per i fumettisti è trovare qualcuno/a che assomigli al personaggio da ritrarre in svariate espressioni o inquadrature.
Una celebrità che mi sembra possa funzionare allo scopo è Angelica Houston giovane. Il volto ha una struttura simile a quella di Shewareged. Partendo da questa base, posso apportare gli opportuni adattamenti su capelli e altro, in modo da arrivare ad un risultato che funzioni.
Post scriptum. Il 21 ottobre è morto Imru Zelleke, pilastro della storia etiope, uno degli ultimi testimoni della strage di Addis Abeba, sopravvissuto al campo di concentramento fascista di Danane. Potete leggere un ricordo molto toccante di Jeff Pearce nella sua newsletter Substack.
Inoltre, segnalo che Bologna c’è la mostra LIBIA 1911-1912 - Colonialismo e collezionismo dal 15 ottobre al 10 dicembre, con una serie di incontri collegati sul tema della decolonizzazione.