You don't need no education
Le politiche scolastiche del fascismo e il progressismo della scuola in Etiopia come fattori decisivi nell'attentato a Graziani
Il tema della scuola nelle colonie è particolarmente rilevante per l’ambientazione del mio fumetto. Il conflitto tra il desiderio di cultura dei protagonisti e le politiche scolastiche del fascismo determina l’incontro fatale tra il maresciallo Graziani e i suoi attentatori, Abraham Deboch e Mogus Asghedom. I due vogliono ottenere una formazione di alto livello ad ogni costo, un obiettivo che cambierà la loro vita e segnerà la storia dell’Etiopia.
Per il fascismo la scuola è sempre stata concepita come strumento per forgiare soldatini conformi e utili, un modello in cui l’educazione va di pari passo con inquadramento e propaganda. In Italia il processo comincia all’inizio del ventennio con la Riforma Gentile. Ma il vero salto di qualità nella fascistizzazione della scuola avviene nel 1935, momento di maggiore successo della parabola di Mussolini, che dichiara:
Poiché nella scuola passano tutti gli Italiani, è necessario che essa, in tutti i suoi gradi, sia intonata a quelle che sono oggi le esigenze spirituali, militari ed economiche del Regime.
Visto che siamo ancora molto lontani dalla seconda guerra mondiale, di quali “esigenze spirituali, militari” stiamo parlando? Il Duce vuole preparare il terreno per l’invasione dell’Etiopia, che comincia proprio alla fine dello stesso anno, nell’ottobre del 1935. Il fascismo ha bisogno di generare un consenso di massa a sostegno dell’impresa imperialistica e veicolare l’idea di suprematismo della razza italica.
Il Ministro dell’Educazione è Cesare Maria De Vecchi, uno degli interpreti più puri del pensiero fascista. De Vecchi imprime alla scuola uno stile militarista, reprime ogni autonomia degli istituti, elimina i professori antifascisti (o anche semplicemente non iscritti al Partito), esalta le materie tecniche e scientifiche funzionali alla produzione industriale, soprattutto bellica.
Questo processo raggiungerà l’apice con la riforma di Giuseppe Bottai, che prima di diventare Ministro dell’Educazione va a combattere come volontario in Etiopia, e in un quaderno di memorie della sua avventura coloniale scrive:
Il terreno è cosparso di cadaveri di gente nera. Non commuovono. Questa morte di colore sembra una mascherata.
Nel maggio del 1936, dopo otto mesi di guerra, Badoglio entra trionfante ad Addis Abeba. L’italia fascista deve amministrare un nuovo stato. Quali sono le politiche che vengono adottate sulla scuola? Nel libro The Plot to Kill Graziani, Ian Campbell spiega che uno dei primi provvedimenti degli italiani è chiudere le scuole per trasformarle in uffici o prigioni. Ai nativi è concessa solo un’istruzione di base, non oltre. Il destino degli africani non è quello di studiare, ma diventare contadini o soldati (ascari al servizio degli italiani).
Durante un evento anti-coloniale organizzato da Next Generation Italy, l’artista italo-somalo Antar Mohamed Marincola ha raccontato che questa era la politica adottata anche in Somalia. Gli italiani non consentivano ai somali di andare oltre la quarta elementare: servivano braccia da lavoro. L’istruzione è una pericolosa arma di riscatto sociale per il colonizzato. Per inciso, l’intervento di Antar si è svolto davanti alla Scuola Federzoni di Bologna, una scuola elementare e di infanzia fatta intitolare al padre Giovanni da Luigi Federzoni, un importante politico fascista che fu anche Ministro delle Colonie.
Nel post precedente abbiamo visto che i due attentatori di Graziani, Abraham Deboch e Mogus Asghedom, sono eritrei. Abraham e Mogus emigrano dall’Eritrea alla fine degli anni venti, hanno circa quindici anni. Non hanno il permesso della autorità coloniali, decidono di farlo clandestinamente. Ma attraversare il confine per arrivare in Etiopia non è una passeggiata di salute, le guardie eritree al servizio degli italiani gli sparano addirittura addosso.
Perché due ragazzini scelgono di lasciare famiglia, affetti e correre il rischio di essere uccisi per trasferirsi in un altro paese? La risposta è nella soppressione dei percorsi scolastici per gli africani. L’Eritrea diviene una colonia italiana nel 1890, da quel momento in poi per gli eritrei è impossibile conseguire una formazione di grado superiore. Abraham e Mogus non si accontentano di una scolarizzazione di base, vogliono continuare a studiare. È una motivazione talmente forte da spingerli a emigrare in Etiopia, all’epoca un paese ancora libero e indipendente, e capace di offrire un insegnamento di qualità.
Ad Addis Abeba, i due riescono a realizzare il proprio sogno. Frequentano prima la scuola Menelik II e in seguito la scuola Teferi Makonnen. Sono sostenuti da borse di studio stanziate dall’Imperatore Haile Selassie per allievi eritrei particolarmente brillanti.
Abraham e Mogus ottengono ottimi risultati, imparano le lingue, diventano due intellettuali. La loro cultura sarà un fattore decisivo nella scelta dell’amministrazione italiana di assumerli come interpreti e traduttori. Una situazione che, a distanza di pochi mesi, indurrà Abraham e Mogus a pianificare l’inside job che racconto nella mia graphic novel.
In conclusione, si può dire che l’attentato a Graziani è il frutto di un perverso paradosso: da un lato la chiusura delle scuole da parte del fascismo nelle colonie, dall’altro il progressismo della scuola in Etiopia prima dell’arrivo degli italiani.
Segnalo che questo giovedì 16 giugno al Centro Interculturale Zonarelli c’è un dibattito molto interessante sull’eredità coloniale dell’Europa con Gustavo Gozzi e Antar Marincola.