Guerra Santa
Il nuovo libro di Ian Campbell, ovvero come la Chiesa cattolica italiana ha sostenuto in modo determinante l’invasione dell’Etiopia.
Domenica prossima sarò al compleanno del collettivo Arbegnuoc Urban per raccontare il lavoro in corso su Yekatit 12 (dettagli nel banner sotto). Il programma prevede anche il pezzo teatrale “Il Giorno della Fede”, un episodio centrale per l’argomento di questo post.
Tempo fa, stavo raccontando ad un amico che l’ispirazione per il mio fumetto è scaturita mentre guardavo un documentario sul massacro di Debre Libanos: tra il 21 e il 26 maggio 1937 gli italiani assaltano il monastero, luogo di preghiera e spiritualità, e fucilano circa duemila cristiani ortodossi. Il brutale eccidio, nel mio campione di riferimento, è praticamente sconosciuto. Dopo lo stupore iniziale, però, il mio amico ha sollevato una domanda cruciale:
“E la Chiesa, il Papa, non hanno detto niente?”
Confesso che sul momento ho risposto in modo approssimativo, ipotizzando che il Vaticano probabilmente non avesse una piena cognizione dell’accaduto.
Associato a questo punto, c’è un’altro interrogativo che mi ha accompagnato in questi anni di ricerca. Com’è possibile che un popolo che si professava profondamente cristiano, quello dell’Italia degli anni trenta, si sia macchiato di crimini così orribili con adesione popolare e entusiastica?
Le risposte a queste domande emergono nel nuovo straordinario lavoro di Ian Campbell, Holy War, pubblicato da Hurst (UK): lo storico inglese spiega come la Chiesa cattolica italiana abbia avuto un ruolo determinante nel presentare l’invasione dell’Etiopia come una missione sacra, alimentando e sostenendo le violenze compiute dai soldati italiani.
Nella speranza che presto venga tradotto e pubblicato da un editore italiano, sintetizzo i concetti chiave del libro.
Parto con una premessa. Il legame tra il fascismo e la Chiesa ha le sue fondamenta nei Patti Lateranensi del 1929, una serie di accordi che istituiscono lo stato del Vaticano e regolano i rapporti tra Italia e Santa Sede (interrotti dal 1870 con la Breccia di Porta Pia). Il trattato crea una relazione di interdipendenza che consente a entrambe le istituzioni di consolidare la propria posizione sociale. Pio XI definisce Mussolini come l’uomo della Provvidenza.
Questo legame assume un ruolo chiave all’inizio del 1935. Il regime tenta di propagandare la necessità di conquistare l’Etiopia con le argomentazioni più varie: nuove terre da coltivare, vendicare Adua, civilizzare un popolo di primitivi, il posto al sole, belle abissine disponibili. Tuttavia, gli italiani sono più preoccupati da problemi reali come disoccupazione, carestia, inflazione galoppante. La stragrande maggioranza della popolazione è contraria al conflitto. Come ottenere il coinvolgimento di massa adeguato all’impresa?
La svolta arriva con il sostegno da parte della Chiesa, che da un lato vuole consolidare i patti col fascismo e dall’altro intravede un’opportunità per aumentare l’influenza del cattolicesimo in una nazione dominata dal cristianesimo ortodosso.
Nel giugno del 1935 L’Avvenire d’Italia dichiara che gli etiopi sono barbari e pagani, che la conquista avrebbe portato cristianità e civilizzazione.
Il mese successivo, Pio XI si riferisce agli etiopi come “eretici”, un’accusa pesantissima se si pensa che storicamente la Santa Sede considerava gli eretici i nemici più pericolosi in assoluto e li perseguitava senza pietà. Adottando un concetto medievale da Santa Inquisizione, il Papa suggerisce l’idea di una Guerra Santa.
In settembre, il Segretario di Stato Vaticano Giovanni Pacelli (futuro Papa Pio XII) informa ufficialmente Mussolini che Pio XI non si sarebbe opposto all’invasione.
I vescovi cominciano a fare dichiarazioni pubbliche di sostegno alla guerra. Quello di Cremona, in particolare, proclama che Dio sarà dalla parte dei soldati che conquisteranno terre fertili per il genio italiano.
Ogni soldato riceve un libro di preghiere con l’introduzione di Monsignor Agostino Gemelli (sì, quello del policlinico di Roma) dove si afferma il pieno supporto alla missione:
Soldati d’Italia, il vostro sacrificio, unito al sacrificio del nostro Signore Gesù Cristo, Dio tra gli uomini, porterà alla salvezza e alla grandezza della madre patria.
Alcuni esponenti ecclesiastici vanno oltre le semplici dichiarazioni. Raccolgono fondi dalle proprie congregazioni per donarli alla causa. Benedicono gli armamenti: aerei da caccia, mitragliatrici, bombe. Emergono addirittura personalità come il prete fascista Reginaldo Giuliani che vuole andare a combattere gli “eretici” in prima persona.
La fusione di intenti tra Chiesa e fascismo è simboleggiata da icone potenti come la Madonna del Manganello, o cartoline di Cristo che guida le truppe verso una sorta di terra promessa (vedi copertina del libro in cima).
Fin dall’inizio della guerra gli italiani si rendono responsabili di violenze atroci, suscitando proteste e denunce internazionali. La Chiesa ignora queste istanze e continua la campagna di promozione. La Civiltà Cattolica, giornale dei gesuiti, definisce il clero etiope ignorante, corrotto, decadente e scismatico.
Il Cardinale di Nocera Umbra - Gualdo Tadino arriva a lodare l’aggressione come cosa giusta e santa:
L’Etiopia non è che una mistura di tribù incivili (…) un popolo che essendosi distaccato da Roma non può beneficiare appieno delle idee cristiane (…) L’Italia Cattolica Romana ha il dovere di portare i suoi principi di equità, carità e fraternità alle popolazioni che ne sono state deprivate.
Il 28 ottobre 1935, il Cardinale Schuster, arcivescovo di Milano, mette il sigillo definitivo. Durante la celebrazione del tredicesimo anniversario della marcia su Roma, dichiara che l’invasione dell’Etiopia è un compito assegnato da Dio, e prega per la protezione dell’esercito che sta aprendo i cancelli dell’Etiopia alla fede cattolica e alla civiltà di Roma.
Il discorso di Schuster ha un impatto a livello nazionale: la crociata non è più solo una metafora, diventa ufficialmente una Guerra Santa. Chi muore in battaglia ha un posto garantito in cielo. La campagna di reclutamento esplode, i porti di Genova e Napoli si riempiono di persone che non vedono l’ora di partire. Nel 1936 il numero di volontari tra le camicie nere passa da 20.000 a 115.000.
La Chiesa offre un contributo fondamentale anche nell’evento dell’oro alla patria del 18 dicembre 1935, “Giorno della Fede”, con cui il regime cerca di finanziare il dispendioso sforzo bellico. Le autorità ecclesiastiche invitano le coppie italiane a offrire le fedi nuziali “per la santità della causa”, rassicurano gli sposi sul fatto che il matrimonio resta valido di fronte a Dio anche senza anelli al dito. Alcuni membri del clero donano direttamente oggetti in oro, dalle croci personali a quelle delle cattedrali.
Nel frattempo, il maresciallo Graziani realizza che le chiese etiopi rappresentano un pilastro per le comunità locali, si oppongono all’invasore, e forniscono supporto alla resistenza. Per questo pianifica di attaccarle in modo continuativo e sistematico. Saccheggi, bombardamenti, incendi, massacri sono all’ordine del giorno.
La furia devastatrice di Graziani fa un ulteriore salto di qualità in seguito all’attentato dello Yekatit 12 (19 febbraio 1937). Insieme al suo braccio armato, il generale Maletti, pianifica in modo meticoloso di distruggere qualsiasi chiesa ortodossa e annientare il clero etiope. Il piano prevede il coinvolgimento di feroci ascari musulmani, come il 45° Battaglione Coloniale o il gruppo di irregolari del Sultano Mohammed, che scatenano vere e proprie jihad, seminando morte e dolore in tutto il paese.
Campbell spiega che, data la presenza sul campo di numerosi missionari e delegati apostolici, è impossibile che la Santa Sede non fosse al corrente delle stragi, soprattutto perché il Segretario di Stato Pacelli aveva la reputazione di essere un uomo zelante che desiderava essere sempre informato di tutto. Tuttavia, dopo avere contribuito a generare odio e violenza attraverso la retorica della Guerra Santa, le autorità cattoliche non emettono alcuna critica nei confronti delle atrocità in corso.
Le campagne di sterminio del clero etiope terminano solo nel momento in cui a Roma ci si rende conto che sono controproducenti: gli etiopi, infatti, capiscono che l’unica chance di salvezza è armarsi e combattere, e ingrossano progressivamente le fila della resistenza.
Pertanto, verso la fine del 1937, Mussolini destituisce Graziani dal suo incarico e inverte la rotta, cercando di ripristinare relazioni positive e amichevoli con le comunità religiose locali. L’ordine è di ricostruire le chiese, restituire i beni trafugati, ripopolare i monasteri, far dimenticare i massacri. Il fascismo arriva addirittura a garantire l’indipendenza della Chiesa etiope da quella di Roma, scelta che danneggia gravemente gli interessi del Vaticano.
La guerra santa è in un disastro per il Papa: non genera alcuna influenza e compromette i rapporti con il clero abissino, che erano ottimi prima dell’invasione. Inoltre, avendo promosso l’invasione dell’Etiopia, che molti storici vedono come il primo passo verso la seconda guerra mondiale, la Chiesa italiana si ritrova a condividere con Mussolini la pesante responsabilità degli eventi successivi.
Anche per questo motivo, nel dopoguerra, il Vaticano appoggia la tendenza a minimizzare l’impatto del fascismo e rimuovere qualsiasi consapevolezza dei nostri abusi coloniali. Nel 1996 il Cardinale Schuster viene proclamato beato da Papa Wojtyła. La brutale persecuzione della Chiesa ortodossa etiope non ottiene nessun riconoscimento, come se non fosse mai avvenuta.
Holy War si prefigge di colmare questo vuoto, offrendo una narrazione avvincente delle dinamiche tra fascismo e religione, oltre ad un'eccezionale quantità di dettagli e informazioni. Come nei suoi lavori precedenti, Ian Campbell getta una nuova luce su passaggi fondamentali della nostra storia contemporanea, consegnandoci un'opera di rilevanza enorme.
Di seguito due tavole (la prima è ancora da colorare) sull’episodio simbolo della Guerra Santa: la strage di Debre Libanos, strettamente collegata alle vicende dei miei personaggi.
Infine, condivido due brani che mi sono risuonati in mente durante la scrittura di questo post.